RLDeboni
2008-05-04 12:42:03 UTC
Premessa: io sostengo che a monte delle prese bivalenti 10A/16A si deve
porre un magnetotermico da 10A.
a) Molti elettricisti mi rispondono che e' prassi installare un
magnetotermico da 16A, giustificando il ragionamento che altrimenti
sarebbe uno "spreco" di cavi (come se una considerazione "economica"
potesse prevalere fino a questo punto sulle considerazioni di sicurezza,
oltretutto con una contro soluzione ovvia ... vedi piu' avanti).
Ho realizzato di recente che a tale proposito le norme CEI 64-8 non
dicono nulla di esplicito, stabilendo solo delle metodologie di calcolo,
ad esempio che il dispositivo di protezione debba intervenire in un
tempo inferiore a quello che potrebbe far superare al conduttore la sua
temperatura massima ammissibile, percio' si puo' usare l'integrale di
Joule per calcolare la corrente compatibile con il tempo di intervento
richiesto.
Alla mia osservazione che: un magnetotermico da 16A a monte di una presa
abile a ricevere direttamente una spina da 10A di portata, crea una
situazione potenziale di sovraccarico "non protetto" in caso di guasto
sul cavo dell'apparecchio (tipicamente nel punto ove il cavo "entra"
nell'apparecchio, si pensi, ad esempio, ad un trapano), mi si ribatte che:
b) l'impiantista non deve preoccuparsi dell'uso che il cliente fa delle
prese.
A parte il fatto, non trascurabile, che qui non si tratta di una
"violazione" della comune diligenza da parte dell'utilizzatore, che
invece in questa ipotesi, usa, senza adattatori, una spina direttamente
compatibile con la presa e che quindi DEVE potere presumere di essere
perfettamente al sicuro, nell'ipotesi che, ovviamente il cavo
spina-apparecchio sopporti i valori di portata massima della spina da 10A.
A parte questo punto, ci sarebbe l'osservazione che c'e' una parte
dell'impianto fisso che fa parte dell'anello debole di una catena:
magnetotermico da 16A - cavetto da 2,5 mm2 - spina bivalente 16A/10A -
spina 10A, cavetto a doppio isolamento da 1,5 mm2 - utensile
Questa parte e' il ricettacolo della spina, che nella parte che accoglie
la spina da 10A ha una superficie avvolgente compatibile solo con
correnti massime di 10A. Percio', in caso di guasto (ed infatti quello
che avviene ed ho verificato in alcuni casi), e' proprio la presa che si
surriscalda, presentando il rischio di un principio di incendio.
Percio', a mio parere, si configura direttamente una responsabilita'
dell'installatore, qualora disponga un magnetotermico da 16A a
protezione di prese bivalenti ad incasso.
A tale proposito, descrivo un caso:
Magnetotermico che "non sta su". Sul luogo troviamo un trapano con il
cavetto visibilmente bruciato vicino all'utensile, ed una presa "fusa".
All'interno della presa un corto circuito tra i due cavetti fase-neutro
causato dal cedimento dell'isolamento per raggiunta temperatura di
rammollimento (in pratica il rame si e' scavato la strada fino a toccare
con l'altro filo).
Ipotesi: con l'usura, i trefoli del cavetto vicino all'entrata nella
carcassa del trapano si sono gradualmente spezzati fino a quando la
sezione utile e' diminuita a tal punto che anche nell'uso normale si
creava un surriscaldamento del cavetto in quel punto. Questi ripetuti
riscaldamenti hanno danneggiato l'isolamento in quel breve tratto, fino
a permettere un contatto parziale (parziale, perche' per il scintillio
si creava una parziale ossidazione/carbonizzazione) tra le due fasi.
L'utilizzatore ha poi un giorno, dopo l'utilizzo, lasciato il trapano
collegato alla presa. La posizione del cavo dell'utensile era tale che
si instaurava questo contatto parziale tra le due fasi, insufficiente
per far scattare il magnetotermico da 16A, diciamo che abbiamo un flusso
di corrente di 15A, ma sufficiente a riscaldare i poli della spina e le
lame della presa nel punto di contatto. La presa non e' nuova (ha
sei-sette anni di vita: l'installatore deve tenere conto che l'impianto
va garantito per 10 anni e quindi tutto deve funzionare anche quando non
e' nuovo) ed e' utilizzata regolarmente e quindi la "forza" di
compressione sui poli della spina non e' massima, e questo non aiuta la
conduzione. Risultato, dopo ore (o giorni ?) si arriva al punto che
l'energia joule accumulata e' tale da alzare la temperatura all'interno
della presa fino al punto di non sopportazione dell'isolamento dei cavetti.
Si noti che i costruttori delle prese, tengono conto che durante la vita
delle stesse, si ha un parziale snervamento delle lame, percio'
garantiscono la portata della presa a fine vite utile con una maggiore
resistenza "a nuovo". Percio' chi volesse fare delle prove ed
esperimenti, non dovrebbe farlo con prese "nuove", ma con prese "usate"
entro il limite di 10 anni ed un'uso normale.
Osservazione sul punto b) mi pare di capire che gli impiantisti del:
"mgt 16A = bivalente 16A/10A" si focalizzano sulla sezione del cavo che
alimenta la presa. Ma allora secondo questa logica, perche' potrei
sostenere la tesi che se alimento una presa da 16A con un cavetti da 4
mm2, posso utilizzare impunentemente un magnetotermico da 25A. Dopotutto
la logica e' la stessa, si sosterebbe che se poi sulla presa da 16A il
cliente ci collega un'apparecchio che utilizza 24A, l'impiantista non ha
responsabilita'.
Osservazione sul punto a) lo spreco nell'utilizzo di cavetti da 2,5 mm2
qualora si abbia a monte un magnetotermico da 10A si risolve banalmente
... utilizzando cavetti da 1,5 mm2. E' cosi difficile ? :-)
In altre parole, la sezione dei cavetti di alimentazione si coordinano
con la portata del magnetotermico a monte (a protezione), e NON con la
portata massima ipotetica della presa a valle. Questo almeno spero che
sia condiviso. In conclusione una presa bivalente va considerata alla
stregua della prese da 10A, con la componente 16A solo una facilitazione
per evitare al cliente l'utilizzo di adattatori qualora l'apparecchio
con spina da 16A rientri in realta' nei limiti di potenza del
magnetotermico da 10A.
L'intenzione invece di permettere al cliente l'utilizzo delle prese da
16A per alimentare utensili con spine da 10A dovrebbe essere impedita in
partenza, anche vietando la vendita di riduttori "spina 16A - presa
10A". Al contrario sono invece, a mio parere, perfettamente leciti gli
adattatori "spina 10A - presa 16A", perche' in un impianto elettrico a
norma, le prese da 10A sono protette da un magnetermico da 10A, percio'
l'utilizzo di un'adattatore "spina 10A - presa 16A" non fara' MAI
surriscaldare i cavetti (presumibilmente da 1,5 m2) che alimentano la
presa da 10A.
C'e' qualcuno cosi' addentro nelle norme CEI da potermi dare indicazioni
su questa faccenda ?
Personalmente, in base alla informazioni che ho ora, nell'ipotesi che mi
trovassi a fare una CTU su un danni conseguenti da fenomeno elettrico
riferiti ad una bivalente "fusa", andrei a scrivere nella perizia:
"Un magnetotermico da 16A a monte di una presa abile a ricevere
direttamente una spina da 10A di portata, crea, in caso di guasto lato
utilizzatore, una situazione potenziale di sovraccarico "non protetto",
che va a posizionarsi sul ricettacolo della spina, che nella parte che
accoglie la spina da 10A ha una superficie avvolgente compatibile solo
con correnti massime di 10A. Percio', in caso di guasto la presa (che,
si badi bene, e' stata posata dall'impiantista) si surriscalda,
presentando il rischio di un principio di incendio, tralasciando gli
effetti economici della interruzione di servizio causato dai guasti.
Percio', a mio parere, si configura direttamente una responsabilita'
dell'impiantista, qualora disponga un magnetotermico da 16A a protezione
di prese bivalenti ad incasso."
Come (se possibile) si difenderebbe l'impiantista ? Appellandosi a quale
possibile norma CEI [se mi si indicasse i precisi estremi, sarebbe cosa
gradita ... :-)]
R.L.Deboni
PS:scusate il disordine di queste considerazioni, ma ho scritto di getto.
porre un magnetotermico da 10A.
a) Molti elettricisti mi rispondono che e' prassi installare un
magnetotermico da 16A, giustificando il ragionamento che altrimenti
sarebbe uno "spreco" di cavi (come se una considerazione "economica"
potesse prevalere fino a questo punto sulle considerazioni di sicurezza,
oltretutto con una contro soluzione ovvia ... vedi piu' avanti).
Ho realizzato di recente che a tale proposito le norme CEI 64-8 non
dicono nulla di esplicito, stabilendo solo delle metodologie di calcolo,
ad esempio che il dispositivo di protezione debba intervenire in un
tempo inferiore a quello che potrebbe far superare al conduttore la sua
temperatura massima ammissibile, percio' si puo' usare l'integrale di
Joule per calcolare la corrente compatibile con il tempo di intervento
richiesto.
Alla mia osservazione che: un magnetotermico da 16A a monte di una presa
abile a ricevere direttamente una spina da 10A di portata, crea una
situazione potenziale di sovraccarico "non protetto" in caso di guasto
sul cavo dell'apparecchio (tipicamente nel punto ove il cavo "entra"
nell'apparecchio, si pensi, ad esempio, ad un trapano), mi si ribatte che:
b) l'impiantista non deve preoccuparsi dell'uso che il cliente fa delle
prese.
A parte il fatto, non trascurabile, che qui non si tratta di una
"violazione" della comune diligenza da parte dell'utilizzatore, che
invece in questa ipotesi, usa, senza adattatori, una spina direttamente
compatibile con la presa e che quindi DEVE potere presumere di essere
perfettamente al sicuro, nell'ipotesi che, ovviamente il cavo
spina-apparecchio sopporti i valori di portata massima della spina da 10A.
A parte questo punto, ci sarebbe l'osservazione che c'e' una parte
dell'impianto fisso che fa parte dell'anello debole di una catena:
magnetotermico da 16A - cavetto da 2,5 mm2 - spina bivalente 16A/10A -
spina 10A, cavetto a doppio isolamento da 1,5 mm2 - utensile
Questa parte e' il ricettacolo della spina, che nella parte che accoglie
la spina da 10A ha una superficie avvolgente compatibile solo con
correnti massime di 10A. Percio', in caso di guasto (ed infatti quello
che avviene ed ho verificato in alcuni casi), e' proprio la presa che si
surriscalda, presentando il rischio di un principio di incendio.
Percio', a mio parere, si configura direttamente una responsabilita'
dell'installatore, qualora disponga un magnetotermico da 16A a
protezione di prese bivalenti ad incasso.
A tale proposito, descrivo un caso:
Magnetotermico che "non sta su". Sul luogo troviamo un trapano con il
cavetto visibilmente bruciato vicino all'utensile, ed una presa "fusa".
All'interno della presa un corto circuito tra i due cavetti fase-neutro
causato dal cedimento dell'isolamento per raggiunta temperatura di
rammollimento (in pratica il rame si e' scavato la strada fino a toccare
con l'altro filo).
Ipotesi: con l'usura, i trefoli del cavetto vicino all'entrata nella
carcassa del trapano si sono gradualmente spezzati fino a quando la
sezione utile e' diminuita a tal punto che anche nell'uso normale si
creava un surriscaldamento del cavetto in quel punto. Questi ripetuti
riscaldamenti hanno danneggiato l'isolamento in quel breve tratto, fino
a permettere un contatto parziale (parziale, perche' per il scintillio
si creava una parziale ossidazione/carbonizzazione) tra le due fasi.
L'utilizzatore ha poi un giorno, dopo l'utilizzo, lasciato il trapano
collegato alla presa. La posizione del cavo dell'utensile era tale che
si instaurava questo contatto parziale tra le due fasi, insufficiente
per far scattare il magnetotermico da 16A, diciamo che abbiamo un flusso
di corrente di 15A, ma sufficiente a riscaldare i poli della spina e le
lame della presa nel punto di contatto. La presa non e' nuova (ha
sei-sette anni di vita: l'installatore deve tenere conto che l'impianto
va garantito per 10 anni e quindi tutto deve funzionare anche quando non
e' nuovo) ed e' utilizzata regolarmente e quindi la "forza" di
compressione sui poli della spina non e' massima, e questo non aiuta la
conduzione. Risultato, dopo ore (o giorni ?) si arriva al punto che
l'energia joule accumulata e' tale da alzare la temperatura all'interno
della presa fino al punto di non sopportazione dell'isolamento dei cavetti.
Si noti che i costruttori delle prese, tengono conto che durante la vita
delle stesse, si ha un parziale snervamento delle lame, percio'
garantiscono la portata della presa a fine vite utile con una maggiore
resistenza "a nuovo". Percio' chi volesse fare delle prove ed
esperimenti, non dovrebbe farlo con prese "nuove", ma con prese "usate"
entro il limite di 10 anni ed un'uso normale.
Osservazione sul punto b) mi pare di capire che gli impiantisti del:
"mgt 16A = bivalente 16A/10A" si focalizzano sulla sezione del cavo che
alimenta la presa. Ma allora secondo questa logica, perche' potrei
sostenere la tesi che se alimento una presa da 16A con un cavetti da 4
mm2, posso utilizzare impunentemente un magnetotermico da 25A. Dopotutto
la logica e' la stessa, si sosterebbe che se poi sulla presa da 16A il
cliente ci collega un'apparecchio che utilizza 24A, l'impiantista non ha
responsabilita'.
Osservazione sul punto a) lo spreco nell'utilizzo di cavetti da 2,5 mm2
qualora si abbia a monte un magnetotermico da 10A si risolve banalmente
... utilizzando cavetti da 1,5 mm2. E' cosi difficile ? :-)
In altre parole, la sezione dei cavetti di alimentazione si coordinano
con la portata del magnetotermico a monte (a protezione), e NON con la
portata massima ipotetica della presa a valle. Questo almeno spero che
sia condiviso. In conclusione una presa bivalente va considerata alla
stregua della prese da 10A, con la componente 16A solo una facilitazione
per evitare al cliente l'utilizzo di adattatori qualora l'apparecchio
con spina da 16A rientri in realta' nei limiti di potenza del
magnetotermico da 10A.
L'intenzione invece di permettere al cliente l'utilizzo delle prese da
16A per alimentare utensili con spine da 10A dovrebbe essere impedita in
partenza, anche vietando la vendita di riduttori "spina 16A - presa
10A". Al contrario sono invece, a mio parere, perfettamente leciti gli
adattatori "spina 10A - presa 16A", perche' in un impianto elettrico a
norma, le prese da 10A sono protette da un magnetermico da 10A, percio'
l'utilizzo di un'adattatore "spina 10A - presa 16A" non fara' MAI
surriscaldare i cavetti (presumibilmente da 1,5 m2) che alimentano la
presa da 10A.
C'e' qualcuno cosi' addentro nelle norme CEI da potermi dare indicazioni
su questa faccenda ?
Personalmente, in base alla informazioni che ho ora, nell'ipotesi che mi
trovassi a fare una CTU su un danni conseguenti da fenomeno elettrico
riferiti ad una bivalente "fusa", andrei a scrivere nella perizia:
"Un magnetotermico da 16A a monte di una presa abile a ricevere
direttamente una spina da 10A di portata, crea, in caso di guasto lato
utilizzatore, una situazione potenziale di sovraccarico "non protetto",
che va a posizionarsi sul ricettacolo della spina, che nella parte che
accoglie la spina da 10A ha una superficie avvolgente compatibile solo
con correnti massime di 10A. Percio', in caso di guasto la presa (che,
si badi bene, e' stata posata dall'impiantista) si surriscalda,
presentando il rischio di un principio di incendio, tralasciando gli
effetti economici della interruzione di servizio causato dai guasti.
Percio', a mio parere, si configura direttamente una responsabilita'
dell'impiantista, qualora disponga un magnetotermico da 16A a protezione
di prese bivalenti ad incasso."
Come (se possibile) si difenderebbe l'impiantista ? Appellandosi a quale
possibile norma CEI [se mi si indicasse i precisi estremi, sarebbe cosa
gradita ... :-)]
R.L.Deboni
PS:scusate il disordine di queste considerazioni, ma ho scritto di getto.